Giorno Uno
Sembra impossibile tanto é stato veloce, ma mi ritrovo di nuovo in partenza per Angouleme.
Sembra impossibile anche perché, come l’anno passato, anche questo non ho niente da promuovere, sono fermo, non sto pubblicando niente, ma ho un inusuale dinamismo che mi porta a presenziare in manifestazioni con l’unico intento di andare in vacanza o meglio, a fare zingarate con i soci, solo a scopo ricreativo.
In realtà andiamo ad Angouleme come La città delle nuvole, la casa editrice dell’Accademia Nemo, a promuovere libri dei nostri ragazzi, lavori di giovani virgulti che promuovono e pubblicizzano il loro lavoro oltre che quello della scuola. Bella scusa, eh? Trovatela meglio voi!
Comunque, giornata migliore non poteva accogliere questa nostra partenza. Dopo alcuni giorni di pioggia e tempo instabile, oggi, seppur caratterizzata da un’aria fresca e frizzantina, il cielo è sgombro di nuvole e il sole, appena uscito, fa risplendere il cielo di un azzurro intenso che mette di buon umore.
Il mare sulla costa è calmo e piatto, e la luce mattutina fredda dell’alba, colora le case di un colore caldo che va in contrasto con la temperatura rigida di questo gennaio che, per una volta, fa il suo mestiere di mese invernale.
Sulla piana pisana, le montagne dell’Appennino sono imbiancate dalla neve e sembrano fare da cornice a un quadro di Telemaco Signorini, ed ogni volta che mi ritrovo di fronte a spettacoli di questo genere, il mio pensiero va immancabilmente a quei paesi che sono costretti a vivere nel grigiore di un clima impietoso e triste, e mi sento fortunato.
Sono in uno stato d’animo indeciso, indeciso da tempo.
Diviso al mio interno per non avere ancora compreso cosa davvero voglio fare nei prossimi anni, se continuare a fare ciò che ho sempre fatto o dedicarmi ad altro, provando ad aprire un’altra porta, con tutta l’imprevedibilità e l’incertezza che questo può portare, e proiettarsi in una nuova avventura (anche se lo sto già facendo).
Forse dentro di me spero che questi viaggi mi aiutino a trovare una risposta e forse, nel ripercorrere i sentieri fatti in questi ultimi anni, mi illudo che questi possono aiutarmi a decidere se continuare a realizzare storie disegnate, o pensare di fare altro. Ma davvero non lo so.
Per il momento mi accontento del ruolo di viaggiatore, mi riservo di fare da testimone a nuove esperienze in vecchi luoghi, per annotare quanto queste sensazioni risveglino in me nuove pulsioni o se le raffredderanno definitivamente nei ricordi. A Firenze mi ricollegherò con i miei vecchi Pards (perdonate questo gergo texiano che non mi appartiene): Luca, Francesco e il fido Fabrizio che, in questi ultimi tempi non ci abbandona mai, diventando di fatto un membro del gruppo.
E poi: che l’avventura abbia inizio!
I quattro pards.
La partenza è, come sempre fuori orario, partiamo infatti verso le 11,30 e quindi con estremo ritardo. Ma andare a prendere il furgone, fare il foglio di via per entrare nella zona a traffico limitato e caricarlo è ogni volta un’impresa che si traduce in inevitabili perdite di tempo.
Partiamo però lancia in resta, non ci fermiamo per pranzare ma sbocconcelliamo qualcosa in auto e ci fermiamo soltanto nelle vicinanze di Savona per un caffè. Non troppi ritardi sulla strada, poche deviazioni per lavori e un sole che ci riscalda all’interno dell’ampio van, che ci lascia un enorme spazio a noi non-guidatori che siamo nei posti arretrati. Il viaggio è tranquillo e me lo sonnecchio baciato dal tiepido sole che attraversa i vetri bruniti. La nostra tappa è Montpellier, a soli sei ore da Angouleme dove, come l’anno scorso, abbiamo cenato e pernottato. Ci arriviamo verso le 21,30, dopo avere prenotato albergo e ristorante che, memori dell’anno precedente, chiudono la cucina molto presto e non vogliamo restarne fuori.
L’albergo è in pieno centro, in un area pedonale e delimitata da dissuasori, ma l’albergo, visto l’impossibilita di parcheggiare il Van (troppo alto per i parcheggi privati), ci da il permesso per entrare nella stretta zona limitata a taxi e veicoli privati, concedendoci la password per abbassare i dissuasori e, con nostra grande soddisfazione, ci permette il nostro veicolo di parcheggiare nell’area protetta e davanti all’hotel.
Poi a cena al Jolly Rouge, il ristorantino creolo dove cenammo l’anno scorso, e successivamente una birretta a coronamento della giornata, in uno dei pub che fanno sulla piazza del teatro, la più centrale della città.
Poi tutti a nanna al Golden Tulip, un quattro stelle nelle vicinanze della stazione dei treni.
Buonanotte!
Sopra alcuni scorci di Montpellier, e di soliti noti intorno al tavolo del Jolly Rouge.
Giorno Due
Notte tranquilla.
Francesco, che dorme con me, pare non accorgersi del mio tremebondo russare, tuttavia, almeno il sottoscritto, si sveglia ampiamente prima dell’orario previsto.
Mi trovo completamente avvolto nelle lenzuola come un salame, anche perché, nonostante avessi rincalzato le lenzuola la sera prima, il letto pareva fosse stato rifatto semplicemente posando sopra coperte e imballaggi vari. Risultato, avevo i piedi che spuntavano fuori.
Aspettiamo i nostri compari fuori dal l’albergo, e ci dirigiamo nella piazza del teatro, l’ampio spazio antistante all’edificio che è il vero centro della città, collega infatti la parte vecchia (ricca di localini), il viale principale della città che è attraversato da una linea tranviaria, e la stazione ferroviaria. Nel complesso Montpellier è una cittadina carina che lascia intendere una qualità della vita piuttosto buona, anche se locali e pub, chiudono ad orari improponibili, se confrontati alla movida italiana.
Decidiamo di andare a fare colazione in una brasserie che si affaccia sulla piazza, già animata di prima mattina da un viavai di persone che vanno a lavoro o in attesa alla fermata del tram che si trova ad ornate un lato del piazzale.
Classico cappuccino e croissant, e poi diretti verso il Ford Transit che ci aspetta parcheggiato di fronte al nostro albergo, a quell’ora completamente circondato dai taxi.
Il viaggio che ci divide da Angouleme dovrebbe occuparci per le prossime sei ore, non mettiamo in mezzo indugi, e partiamo di gran carriera. Ci fermiamo solo per problemi di personali impellenze idrauliche, e facciamo sosta alla Brasserie des Pins, un localetto che Google Maps ci indica appena fuori all’uscita dall’autostrada. Del resto le aree di servizio francesi distribuiscono soltanto pasti freddi e preconfezionati, noi siamo italiani e per noi la sosta pranzo è sacra. Ci meritiamo così filetto alla mostarda e vitello con patate fritte, e ripartiamo dopo neanche quarantacinque minuti.
Arriviamo ad Angouleme in una sola tirata, dormicchiando un po’ a turno, salvo il conducente fortunatamente.
Parcheggiamo il nostro Ford Transit nelle vicinanze del Mercato coperto della città, che rimane adiacente al padiglione che una volta veniva chiamato Para BD, dove abbiamo lo stand. Cominciamo a scaricare e iniziamo ad allestire il nostro spazio. Ad aspettarci c’è Stéphane Della Colletta, nostro amico e traduttore ufficiale della casa editrice, passerà questi giorni con noi e farà parte della squadra.
Poi andiamo a prendere possesso dei relativi appartamenti, il nostro è in Rue Goscinny, la via più centrale di Angouleme, e che sfocia direttamente in Champ de Mars. Preleviamo nell’apposita cassetta le chiavi, abbiamo il codice d’accesso ed entriamo nel nostro appartamentino composta da due stanze matrimoniali separate, una sala con cucinotto e un bel bagno con doccia a pioggia. La sistemazione è ottima, spaziosa e centrale, meglio così.
Mentre Luca ritorna allo stand per sistemare le ultime rifiniture, io mi appresto a fare una telefonata ad un’amica francese che non vedevo da tempo, e che al momento è immischiata in varie vicissitudini lavorative. Ne esce un racconto squallido e triste, che riflette una cattiva luce persone che un tempo avevo considerato in un modo e che, inevitabilmente, devo considerare in un altro.
Un racconto che mi mette di cattivo umore, e mi ha guastato la giornata.
Incontro i miei soci alla brasserie di fronte al padiglione: Le chat noir, pub che un tempo era un punto di ritrovo del luogo è stato semplicemente ristrutturato, e al vuoto lasciato l’anno scorso, adesso è ritornato a farne parte.
Qui mi sento chiamare alle mie spalle, è Ning Wang, l’amico cinese con il quale ho condiviso ben due viaggi nel suo paese, mi metto a scambiare quattro chiacchiere con lui e mi dice che adesso abita in Francia, a Bellegarde, il paese di Michel e Thierry, due vecchi amici di antica data, e fa sei mesi qui e gli altri in Cina. Ci diamo appuntamento al giorno dopo, quando ci ritroveremo allo stand Mosquito per i saluti.
Poi, visto la stanchezza causata dalla seconda lunga tappa, decidiamo di andare a cena, e lo facciamo nello stesso locale dell’anno passato, e almeno per me con un’assiette du boucher ed un’Afflingen, un piatto a base di carne e patate (aridaglie), e con questo sistemiamo lo stomaco.
Torniamo tutti ai rispettivi appartamenti, non so gli altri, ma abdichiamo immediatamente alla stanchezza, e mi pare non ci sia più quell’estrema voglia di allungare la serata tra birre e chiacchiere per prolungare momenti che sembra ci sia l’obbligo di non fermare mai. Quando siamo stanchi gli occhi parlano da soli e senza inutili parole ognuno sa già cosa fare.
Ci salutiamo e ci diamo l’appuntamento alla mattina successiva per la colazione.
Adesso, dopo avere fatto una doccia calda, sono sul letto a terminare questo mio report che sembra procedere con una stanchezza indicibile, nella narrazione di fatti senza importanza e soprattutto, uguali a mille altri già raccontati, in un loop che talvolta mi appare noioso.
Giorno Tre
Dormiamo piuttosto bene, la camera è confortevole e silenziosa, pur avendo una finestra che da su una via centrale. Nonostante siamo le 8,15 sembra ancora buio, tanto la giornata è livida, e così resterà fino alla sera.
Ci troviamo alla solita cioccolateria scoperta l’anno scorso La bisquitérie, e dopo poco tempo si unisce a noi anche Lele Vianello insieme a Stéphane. Lele oramai è un ospite fisso delle nostre colazioni, oltre che della manifestazione e con lui conversiamo amabilmente fino a che l’orario non gli impone di andare allo stand per onorare la sua presenza, ed io me ne ritorno in appartamento.
A la Bisquitérie comme d’habitude con, da sx: Fabrizio, Francesco, Luca, io, Stéphane e Lele.
La cittadina comincia ad animarsi fin dalla prima mattina, anche se oggi probabilmente sarà la giornata più calma. Davanti al padiglione di Champ de Mars si allunga una fila di appassionati che partiranno a corsa per accaparrarsi i primi posti per le dèdicacés, anche questa è una consuetudine, e faranno esattamente come le carovane del West alla partenza della conquista dell’Oregon, due secoli fa.
Stazioniamo un po’ allo stand e vediamo arrivare un personaggio che mi pareva di avere già incontrato in strada, ma appena si ferma allo stand, conferma la mia impressione: è Caparezza.
Con Caparezza.
Appassionato di fumetti, per la prima volta è venuto al festival francese con la consapevolezza che qui poteva circolare tranquillamente, ma noi lo abbiamo sgamato ugualmente (e non siamo stati gli unnici). Dopo un bieco selfie con il sottoscritto lo abbiamo lasciato libero di vagare liberamente per il padiglione. Una comitiva di giovani studentesse, mi hanno un intervista a base di domande standardizzate su chi siamo, il nostro rapporto con la BD e bla, bla, probabilmente dovranno redigere un articolo per il loro giornalino scolastico, non un grande scoop. Noi anzi, io, mi presto amabilmente all’intervista (chiamiamola così) essendo l’unico che blatera un po’ di francese. Sembrano soddisfatte (ahiloro!) e se ne vanno felici.
Andiamo a mangiare al Mercato adiacente al padiglione, e prendiamo dei di piatti street food che non possono non avere delle patate fritte come contorno, un evergreen alimentare che non ci ha mai abbandonato fino ad ora, e non ci abbandoneranno neanche in seguito.
Qui incontro Fabiano Ambu che, come l’anno scorso, ha uno stand nel Nouveau Monde con una sua piccola casa di produzioni, facciamo due chiacchiere e ci ripromettiamo di vederci nei giorni successivi (lo vedrò invece la sera stessa).
Rientriamo allo stand per un po’, poi decido di andare con Francesco al padiglione centrale, quello situato in Champ de Mars, dove ci sono gli editori più importanti, i più grandi e con gli stand zeppi di novità.
Me li giro tutti, sicuro che il flusso di persone probabilmente oggi sarà quello meno importante, da domani sarà il delirio per peggiorare definitivamente fino a domenica.
Posso dire semplicemente che nel mio attento girovagare, credo di avere individuato le maggiori novità, e tutte le ultime uscite, messe più o meno in bella mostra, ma al di là di questo niente mi si è attaccato alle mani. File già piuttosto corpose alle dedicaces, e urla festanti di molti studenti accompagnati dagli insegnanti insomma, un bel casino, una bella festa per gli appassionati e addetti ai lavori, come risulta Angouleme ogni anno, e per anni appuntamento atteso ed imprescindibile.
Ora, non voglio farla tanto lunga, perché temo che rischierei di risultare noioso fino all’ultimo giorno, ma nonostante questa mia peregrinazione abbastanza attenta, nessun nuovo albo o anche vecchio, ma passato inosservato in passato ha destato il mio interesse.
Brutta cosa.
Brutta sensazione non trovare niente che mi incuriosisca, brutto non sentirsi più facente parte di un qualcosa nel quale per anni ho sguazzato con gioia e soddisfazione e di cui ero felice di farne parte. È tutto questo è continuato anche dopo, quando sono andato nello spazio Nouveau Monde, quello spazio che per lustri ho abitato allo stand Mosquito e di cui mi sentivo protagonista.
Camminare lungo il corridoio osservando le decine di giovani autori, felici ed orgogliosi di promuovere le loro opera mi ha intristito, invece di godere di quella vista di genuino entusiasmo. Non sto a sindacarne i morivi, sono complessi e non interessano nessuno, per cui evito di tediarvi inutilmente con soporifere considerazioni, vi basti sapere che adesso sono altrove, dove ancora non lo so, ma quasi sicuramente non più dove sono stato fino ad ora.
Speriamo almeno di starci bene.
Ho sentito alcuni colleghi e ci siamo ripromessi di vederci il giorno dopo, amici di lunga data con cui abbiamo scambiato esperienze condivise in altri festival, chiacchierate e sfottò, e questa è una di quelle occasioni che non vogliamo perdere per stare insieme. Mi impensierisce questo mio nuovo stato d’animo, perché temo di non essere divertente e ameno come in altre occasioni, specialmente nell’intavolare conversazioni su argomenti che una volta erano il pane quotidiano (e che mi divertivano pure) e che adesso mi interessano meno. Vedremo.
Io rientro all’appartamento prima degli altri, voglio scrivere il mio report e togliermi dallo stand. Durante il tragitto affianco un corteo sindacale che, fiaccole alla mano (creando così uno splendido colpo d’occhio), percorrono tutto il viale centrale e passa successivamente sotto la finestra di camera, con un cantare ed inneggiare slogan della gauche francese, per protesta a non so cosa, dimostrando, come c’è ne fosse bisogno, lo spirito belluino del popolo francese disposto a scendere in piazza per rivendicare i propri diritti.
Cena a casa
Stasera ceniamo nel nostro appartamento, i nostri pards si cimentano (loro, non io) nel cucinare i loro manicaretti, Francesco specialmente è un cuoco davvero sopraffino (e non sto scherzando), ma anche Luca smania nel voler cucinare un primo con la consapevolezza di non poterci deludere. Io sono in camera, e al momento sto scrivendo il mio report quotidiano mentre loro di là stanno spentolando come comari, io resto qui, sul mio letto a scrivere, sarei solo d’intralcio, lo spazio è esiguo e non sono certo io quello che glielo vuole ridurre ulteriormente, apprezzate il mio senso di responsabilità verso il bene comune.
Crostini burro e salmone, tagliolini al carciofo con formaggio francese, e insalata di tonno con scalogni di riporto, il tutto annaffiato con un vinello francese che ha riscaldato gli animi, cenato anche troppo, come nostro solito, non riusciamo ad essere morigerati. Alla faccia della frugalità.
Poi, ci siamo messi le pantofole ed abbiamo coronato la serata vedendo su Netflix (ebbene sì, disponiamo anche di un 39 pollici con un canale Netflix, sparato a video dall’Ipad di Luca), un film fracassone, un’americanata tutto sparatorie e alieni mostruosi con Chris Pratt dal titolo La guerra di domani. Abbiamo messo il cervello in stand-by per vederlo fino alla fine, ed abbiamo passato la serata così, riposando membra è materia grigia per preservare il tutto per la giornata di venerdì.
I tagliolini compici della mezza indigestione del giovedì sera, e l’atmosfera grigia ma animata della cittadina francese.
Giorno Quattro
Nottata critica.
L’abbuffata ha fatto i suoi danni, probabilmente non ho digerito bene e ho contato tutte le pecore possibili immaginabili fino alla mattina, probabile che abbia dormito anche a sprazzi, ma di sicuro non mi sono riposato.
A conti fatti, credo che la responsabilità non sia tutta da imputare ai problemi digestivi, cercare di sistemare la finestra della sala che aveva problemi di chiusura sotto un venticello gelido che mi ha sbattuto contro per tutto il tempo, credo abbia fatto precipitare pericolosamente la situazione.
Nonostante gli acciacchi, andiamo al nostro baretto dove ogni mattina incontriamo Lele e Stéphane, prima di dirigersi al nostro padiglione.
Finito il rendez-vous, ognuno si dirige verso i propri lidi, e anch’io torno sui miei passi per tornare all’appartamento per le consuete abluzioni mattutine. Nel corso principale incontro un’accolita di bolognesi che sapevo essere arrivati il giorno prima: Piero Ruggeri, Francesco Barbieri, Otto Gabos, Onofrio Catacchio ed Enrico Fornaroli.
Tornato all’appartamento, è non mi sono più mosso da lì, mi sono disteso sul divano con i piedi appoggiati sul tavolino di fronte, e tra un sonnecchiare continuo e l’altro, sono arrivato fino all’ora di pranzo.
Una mattinata grigia e insignificante.
Pranzo da convalescente al Mercato adiacente al padiglione, a base di ravioli di zucca con olio e parmigiano, praticamente una pasta in bianco.
Poi, facendo leva più sulla volontà che sul desiderio, siamo tornati al padiglione Nouveau Monde, per salutare e portare a Michel alcuni libri tradotti in francese, a suggello di un’amicizia che proviene da lontano.
Poi, con l’intento di tornare verso l’appartamento, convinco i miei soci a venire con me alla libreria indipendente Cosmopolite, situata nel centro commerciale sottostante a Champ de Mars. Una libreria dove oltre ad essere sede di un ampio spazio per le dediche di molti autori, ha anche la particolarità di avere un grande assortimento di novità BD e in un colpo solo, è facile avere una vista d’insieme su tutto ciò che in uscita, evitando il caos del padiglione grandi editori soprastante. Non compro niente, come ieri, le mie mani e i miei occhi vanno su decine di volumi senza smuovere il minimo interesse verso alcunché. Oramai è una prevedibile costante.
L’interno dello spazio dove era allocato lo stand “Città delle Nuvole-Accademia Nemo”, e il prode Fabrizio di guardia al presidio.
Ci sediamo ad un tavolo in una saletta di un bar sulla piazza, proprio dove un gruppo musicale sta facendo il check per il concerto di stasera. È bello vedere la complicità dei componenti, i sorrisi sulle loro facce e la felicità di chi pregusta con anticipo la gioia di una serata da trascorrere dando anima alla propria passione.
Noi ci beviamo tre succhi d frutta come te paciosi pensionati, la mia situazione evidentemente condiziona anche i miei amici.
Li lascio per tornare all’appartamento.
Mi sdraio sul letto e mi copro con il giubbotto, non c’è cosa migliore di un po’ di pace, quando il corpo reclama calma e tranquillità.
Non mi sembra di dormire, di fatto finisco il pomeriggio in camera, fino a che non arrivano gli altri pards per la cena. Io sto terminando di scrivere il mio scarno e malaticcio report quotidiano, e poi mi unisco a loro per la cena.
Non sto bene, ho caldo e mi si sono intasate anche le vie respiratorie, ma ceno con un piccolo pezzo di filetto giusto per riempirmi lo stomaco cn qualcosa e prendere una compressa antinfluenzale.
Ci mettiamo tutti e quattro di fronte alla TV per guardare il film di stasera, e ognuno cerca di trovare un po’ di ristoro quotidiano nella visione di Senza rancore, un film tutto sparatorie e forze speciali, che almeno io vedo con scarso interesse inframmezzandolo con delle sonore russate che, prontamente, mi vengono fatte notare dagli altri.
Effettivamente, la compressa di Efferalgan mi ha fatto stare meglio, e spero sinceramente che almeno il domani sia migliore di oggi, e mi conceda una normale giornata di soggiorno.
Buonanotte.
La manifestazione nelle vie centrali della città, incrociata prima di arrivare a casa. Anche qui si rivendcano pensioni più giuste per una vita dignitosa. Tutto il mondo è paese.
Giorno Cinque
Giornata strana. Si può dire divisa in due parti distinte.
Mi sveglio da malato, naso intasato, dolore alle ossa, malessere diffuso: mi vedo di finire la mia vacanza francese disteso in un letto. Non esco con gli altri per fare colazione, e mi faccio portare un paio di croissant e una spremuta, per farla da solo, nell’appartamento, confortato solo dalla mia solitudine.
Poi, lasciato sciogliere la solita compressa presa anche la sera prima, e bevuto il medicamento, me ne ritorno a letto, e consumo qui la mia mattina con il fastidio di dover attendere la fine della vacanza chiuso ed isolato.
A fine mattina invece, probabilmente sotto gli effluvi benefici effervescenti della compressa, mi sento meglio, scompare l’intasamento delle vie respiratorie, e mi sento pronto per rischiare: e me ne esco così a pranzare con gli altri.
Ci ritroviamo al Mercato al consueto tavolo di Bella Italia a mangiarci i soliti cappellacci ricotta e spinaci, al burro e parmigiano. Specifico: non siamo pasdaran della cucina italiana, né come quei compatrioti che non possono pensare di vivere una vita senza carboidrato nostrano, ma in questo caso, nell’ottica di una dieta da “malato”, mi sembrava la scelta gastronomica più coerente.
Lunga la strada verso il nostro padiglione incontro Nicola Genzianella, collega bonelliano anche lui prestato momentaneamente alla BD. Nicola è una persona che incontro sempre molto volentieri, è amabile, sorridente e positivo e ha la capacità di mettermi sempre di buon umore, ha senso dell’ironia ed ha una qualità che per me è fondamentale: è una persona modesta, e la sua umiltà ha nei miei confronti un effetto rigenerante e instilla in me grande simpatia e stima. Mi fermo a parlare con lui.
Nel pomeriggio mi viene presentata Isabelle Giraud, la moglie del più noto Moebius, che ha lo stand accanto al nostro e la mattina è venuta a farci visita, parliamo un po’, mi presento e dalla conversazione potrebbe nascere qualcosa di interessante e, anche se non mi faccio illusioni di sorta, la cosa mi fa piacere.
In seguito, passano di lì Massimiliano Andreoni, un fan e amico lucchese lettore ed appassionato di fumetto, poi Davide Fabbri che come ogni anno non rinuncia mai alla sua zingarata ad Angouleme, e infine Daniele Brolli con cui scambiamo amabilmente quattro chiacchiere.
Alle 18,00 mi accingo al rendez-vous che avevo fissato con Simona Mogavino e Alessio Lapo, e dopo qualche minuto di attesa, mi trovo costretto a chiamarli. Ma i signori, bontà loro, beati come pulzelle coccolate dalla mamma, si sono addormentati: e chi sono io per svegliarli?
Li lascio perciò tornare tra le braccia di Morfeo, ripromettendoci di vederci domani? O chissà negli anni futuri, forse.
Io me ne ritorno all’appartamento, il pomeriggio sta volgendo a termine ed io devo realizzare alcune dédicacès per un amico, per cui meglio sbrigare prima le incombenze.
Stasera niente festa dei 50 anni di Angouleme, mia figlia gioca una partita importante di Coppa Italia ed io non voglio certo perdermela, e stasera mi farò trovare di fronte all’IPad per la diretta Facebook.
All’arrivo dei miei soci è già quasi tutto pronto, Luca ha apparecchiato mentre io non ho fatto assolutamente niente, Luca mi tratta come fossi nella bambagia, specialmente oggi che sono anche cagionevole.
Ci sono i crostini, i pomodori, l’insalata di tonno e Francesco con la carne rimasta ha fato una tartare non ho mai detto di quanto sia bravo Francesco in cucina? Beh, lo dico adesso: questo mio giovane socio ha davvero mille qualità, disegna e colora molto bene, suona le tastiere in un orchestra, parla fluentemente l’inglese, è un bel ragazzo e cucina talmente bene, che se la scuola andasse male e dovesse reinventarsi un lavoro, potrebbe tranquillamente aprire un ristorante con probabilità di un buon successo. Oltre che invidiarlo un po’ (e non solo per l’età) ditemi voi se non sono stato fortunato a ritrovarmelo come socio.
Alle 21,00 però, inizia la partita, e contro il mio volere (mi sarei appartato per vedermela da solo), tutta l’Accademia Nemo ha deciso di vederla proiettata dall’IPad al televisore. La partita è iniziata malissimo, e dopo avere perso il primo set per due punti e rovinosamente il secondo senza praticamente opporre resistenza, la squadra di mia figlia a vinto in terzo e il quarto e sono andate al quinto, ultimo e decisivo set.
Oltre alla tensione dovuta alla rimonta, e complice il telecronista di Pontedera che aveva lo stesso lessico di una barrocciaio, ci siamo divertiti un po’ tutti ad ascoltare gli svarioni verbali e i relativi improperi, salvo poi liberarci definitivamente dopo l’ultimo punto, realizzato per la cronaca proprio da Elena.
Finita così, in bellezza, una giornata nata sotto i peggiori auspici. Non so bene se ringraziare la mia buona stella o forse imporrebbe di essere debitore all’Efferlgan che mia ha aiutato a debellare il fastidioso stato influenzale.
Ad ogni modo abbiamo già fatto i bagagli per essere pronti già domani mattina, per la partenza del pomeriggio.
E adesso il meritato riposo.
Giorno Sei
Siamo arrivati alla domenica, l’ultimo giorno di festival, oltre che quello della partenza.
Prima della colazione carichiamo i bagagli sul Van, in modo di essere pronti all’orario di chiusura per partire al volo.
Poi colazione a “La bisquitérie”, il luogo eletto dalla confraternita costituita dai quattro moschettieri della Nemo, Stéphane e Lele Vianello che non rinuncia mai a questa consuetudine che oramai si ripete di anno in anno.
Poi ognuno per sé, io rientro all’appartamento per prendere lo zaino ed espletare la riconsegna delle chiavi nell’apposita cassetta. Al ritorno mi fermo al padiglione grandi editori, voglio comprare il volume su Velasquez, realizzato dall’amico e collega Matteo Alemanno e, già che lo trovo in dedica, fissiamo un appuntamento per vedere la mostra sul “colore” insieme, forse questa volta ce la facciamo.
Dopo il mio arrivo allo stand, senza che ci fossimo dati appuntamento, incontro Alain David, direttore di Futuropolis e scambiamo due parole poi, il tempo di fare un’illustrazione allo stand, e di corsa all’appuntamento con Matteo per andare a vedere la mostra sul colore, e a questa nostra escursione si aggiunge anche Francesco.
Prima di andare però, decidiamo di fare la pausa pranzo e, anche contro il volere di Francesco, che so non ama tornare su piatti nazionali quando è all’estero, questi si piega alle necessità degli altri visto che le esigenze miei e di Matteo prediligono piatti che abbiano uno sviluppo tranquillo e conosciuto. E torniamo allo spazio Bella Italia, all’interno del Mercato coperto. Matteo e Francesco instaurano subito un ottimo rapporto, entrambi sono musicisti e si mettono a parlare perciò di musica e strumenti, con Matteo so già che è molto piacevole incontrarsi per scambiare opinioni, ci conosciamo da un po’ di tempo, ma a conti fatti non abbiamo avuto che poiché occasione per stare insieme ma, nonostante tutto, quando possiamo ci cerchiamo perché credo (almeno per me è così), che si sia creato un rapporto di reciproca stima e fiducia.
Poi via alla mostra : “Couleurs”, una collettiva di originali di molti autori, che permette di avere una panoramica sull’uso della colorazione (tradizionale) nella BD, ci sono autori come : Proudhomme, Moebius, Fior, Lepage, Mattotti, Cosey, Meziérès, … e molti altri. Talenti che usano colori, tecniche e mix cromatici innovativi e moderni. Tutti rigorosamente utilizzando dalle ecoline agli oli, dagli acquerelli agli acrilici, ma tutte sostanze che sporcano, macchiano e che non si possono cancellare premendo su un semplice pulsante di un computer (a buon intenditor…). Da vedere.
Sopra, l’entrata del Mercato coperto di Angouleme, meta dei nostri pranzi, sia per la comodità della vicinanza al padiglione (l’ingresso è sulla sinistra), sia per la dieta obbligata di quest’anno.
Al nostro ritorno allo stand, ci concediamo una foto con lo staff della Moebius Productions, nostri vicini di corridoio, quindi scatto di gruppo con madame Giraud e tutte le ragazze al completo.
Poi decido di andare a vedere la mostra di Philippe Druillet. Io non sono mai stato un fan di questo personaggio storico della BD francese e uno dei fondatori del gruppo degli Humanoides Associeès, gruppo di visionari autori che rivoluzionarono la fantascienza nei fumetti agli inizi degli anni ’70; ma tutti mi dicono che la mostra sia bella anche per l’inusitata grandezza delle tavole per cui, lasciatomi convincere dai positivi giudizi, mi sto per indirizzare verso il museo archeologico di Angouleme. Quando mi viene il ticchio di telefonare a Simona Mogavino, hai visto mai che oggi siano reperibili? Lo sono anzi, sono a poche decine di metri da me all’Hotel Mercure. Li raggiungo.
Ci mettiamo a fare due chiacchiere (è dalla manifestazione dell’anno scorso che non ci vediamo), e li accompagno a pranzo, anche se è quasi ora di merenda. Mentre loro pranzano io li accompagno con una birra e continuiamo a parlare. Poi però, vista l’ora, insieme a Filippo Cenni (un disegnatore senese) che l’accompagnava, decidiamo di andare alla mostra, l’orario di partenza si avvicina inesorabilmente, e ci lasciamo ripromettendoci di vederci quanto prima. Se va bene, l’anno prossimo.
Col Cenni arriviamo alla mostra, dove c’è un po’ di fila, e mentre aspettiamo mi sento chiamare dal Luca, è già sul piede di guerra per la partenza. Non ho tempo, saluto il Cenni e lo lascio lì, mentre me ne ritorno allo spazio espositivo.
Partiamo poco prima delle 18,00, la tappa è Montpellier, dove contiamo di arrivare per mezzanotte.
E così sarà. Cena frugale sul Van e rollino di marcia rispettato, adesso siamo in un Novotel periferico prenotato in viaggio dove passeremo la notte.
La foto di gruppo con le ragazze dello stand accanto, con M.me Giraud (ultima a destra), quello della Moebius Production.
Il magro bottino di quest’anno, un paio di albi, uno acquistato per godere dei disegni dell’amico Matteo Alemanno, l’altro regalato da M.ma Giraud, due importanti biglietti da visita e il pass. Poca cosa.
Giorno Sette
Partenza alle otto, baciati da una luce fredda, ma viaggiare così, senza il grigiore della pioggia incombente che ci ha accompagnato per tutti questi giorni, è tutta un’altra cosa.
Usciamo dalla città e andiamo a prendere l’autostrada con l’intento di fermarci alla prima area di servizio per fare colazione. Il traffico del pendolari, anche in Francia, crea gli stessi problemi che da noi, e lunghe file si srotolano intorno alle uscite della città.
A levante la palla rossa del sole annuncia con vigore che sarà una giornata all’insegna del cielo azzurro e dalla luminosità radiosa.
All’area dove facciamo colazione, beviamo probabilmente il miglior cappuccino della settimana, e i croissant sono buoni come al solito, intorno a noi viaggiatori e camionisti che, come noi, iniziano la loro settimana lavorativa.
Poi ripartiamo, e l’obbiettivo è non dover arrivare troppo tardi a Firenze per scaricare le poche scatole rimaste al deposito, anche se io mi fermerò prima.
Nuova sosta per rifornimento intorno alle dieci, dove cogliamo l’occasione per acquistare il vettovagliamento per il pranzo, in modo da consumarlo in viaggio senza perdere ulteriore tempo, deserto a parte, la nostra è come una Parigi-Dakar.