Ero quasi tentato di non scrivere questo report, tanto sono stanco per l’essere arrivato alla fine di quest’anno di lavoro oberato di impegni e viaggi, ma non mi sembrava giusto, per l’editore
francese che ha voluto questo invito con mostra, per l’impegno preso da quasi sei mesi e forse oltre, per i lettori francesi orfani della mia presenza anche al festival di Damparis al quale, per motivi disorganizzativi non ho partecipato ben che avessi una mostra, e infine per il sottoscritto, in questa occasione anche invitato d’onore.
Siamo agli inizi di un’estate che è partita stentata, con un Maggio piovoso e poco invitante, temperature basse e ancora nubifragi che si abbattono random nel Nord Italia creando problemi e smottamenti, quasi la natura volesse dare continui e puntuali avvisi di cambiamenti che cominciano a farsi sentire, pur non ricevendo ascolto né attenzione. È una vecchia litania.
L’anno lavorativo per me iniziato ad ottobre con la partecipazione a ROMICS con l’uscita della mia graphic-novel “Gli anni migliori”, dopo un’annata di presenze ovunque, dalla Francia all’Italia passando per la Cina, terminerà almeno nel mio personale calendario, con questa presenza a Grenoble BD, nata dalla costola della più impegnativa “5 Jours de la BD de Grenoble”.
L’ho già detto, senza voler entrare troppo nel merito, perché sono cose personali, ma sto attraversando un momento di stop, di ripensamenti, di consuntivi e di domande alle quali non so dare risposte, ricordate Blade Runner con il monologo finale di Beatty, il replicante che morirà sotto la pioggia? Ecco, siamo da quelle parti, salvo evitare il tragico finale, almeno per amor proprio.
Nella vita di oggi sembra che tutto debba essere memorabile: momenti, successi lavorativi, vacanze, conoscenze, e tutto deve essere visto, invidiato e cliccato, altrimenti a che serve? Ecco, sono un po’ stanco, per questo anche la mia riluttanza a scrivere questo report, vinta solo perché era l’ultimo e mi sembrava di fargli un torto forzato.
Sto aspettando in gloria questa estate in cui mi voglio concedere un “relativo” riposo, non fare niente, ma procedere a ritmi più lenti, meno spasmodici e sopratutto con date meno impellenti, che coincidono sempre con rush finali stressanti. Non so se ci riuscirò, ma il tentativo è quello, ma sopratutto capire se posso, voglio e sopratutto so far qualcosa di diverso e se questo sarà in grado di darmi nuova energia a delle batterie che, temo, si stiano un po’ scaricando.
Lo dico subito, leggete per amor di curiosità, ma non vi aspettate molto. Lo so che non è incoraggiante, ma questo mettere le mani avanti vi dice già in che stato sono, del resto peggio di così non poteva cominciare, siamo in ritardo di quasi un’ora sull’orario di partenza e quindi perderò quasi sicuramente la coincidenza per Lione a Francoforte. Sperando che per bontà di Lufthansa mi trasbordino su un altro volo che non parta domani.
Evviva!
Le sale interne al Palazzo del Tribunale dove era allestito il festival.
Appunto, come volevasi dimostrare, il ritardo accumulato in arrivo a Firenze dall’aeromobile di Lufthansa è rimasto intatto nelle ore seguenti, con la conseguenza che, ovviamente, a Francoforte, arrivato con quindici minuti di ritardo al gate, l’aereo per Lione, era già partito. Non sia mai detto che, quando la cosa riguarda il sottoscritto, un aereo sia in leggero ritardo, sempre puntuale come la morte!
E così, cambio di aereo e rimborso per il disturbo di ben sette euro da consumarsi entro la giornata, che culo!
L’aereo almeno è in giornata, ovvero partenza alle 20,50 e arrivo intorno alle 22,00 a Lione, con buona pace di chi dovrà venirmi a prendere, praticamente una giornata consumata all’interno di terminal, mi pare di essere Tom Hanks nell’omonimo film, quasi, quasi mi metto a costruire anch’io un manufatto, che gli faccio? Un murales del Maccanti?
Non mi resta che attendere e, nelle ore che passano, mi sbofonchio un paio di hot-dog carichi di ketchup e maionese, roba da american-dream e calorie impazzite.
Per il resto è solo cronaca, l’aereo parte in orario ed arriva alle 22,10 come da programma, quello che per me è fuori programma invece sono le persone che trovo ad attendermi, e cioè Laura Zuccheri e François Deflandre con Pierre, il volontario dell’associazione, lì per portarci tutti a Grenoble.
Infatti, arrivato lì per prendere me e Laura Zuccheri, ma non avendo tempi tecnici per andare e tornare da Grenoble, erano rimasti tutti lì ad aspettare me. Formata così la carovana siamo potuti partire per la destinazione d’arrivo.
L’hotel Ibis, della catena Accor (la stessa dei Novotel), è una novità nell’organizzazione del festival di Grenoble, l’ultima volta che avevo partecipato era presso la “casa dello studente” dove eravamo anche alloggiati, adesso nuova sede e nuovo Hotel.
Una tovaglietta di uno dei ristoranti convenzionati.
La mattina seguente la pioggia ci sveglia di buon ora, la giornata è grigia e in queste occasioni non so se sia ben augurante perché invita le persone ai luoghi chiusi, oppure no, nel senso che proprio neanche li fa muovere per la scomodità.
Mi avvio per le strade del centro insieme a dei colleghi francesi, e andiamo verso palazzo di Giustizia che si trova al centro della parte vecchia della città. Ora, a Grenoble sono venuto molte volte, ma vuoi per i tempi e forse vuoi per la distrazione dei momenti, non mi ero accorto quanto fosse carina, sopratutto nella parte vecchia, piena di localini, bistrot e palazzi d’epoca. Nella piazzetta antistante il palazzo del Tribunale c’è un piccolo mercato di ambulanti, ma sul luogo non si può sbagliare, ci sono manifesti e segnalazioni della mostra BD, nel loggiato d’arrivo, una serie di stamponi pieni di informazioni sul sottoscritto, molti lavori del sottoscritto e tutta la produzione francese, insomma, la mia mostra. Piuttosto esaustiva e, dopo aver salutato Michel, lo ringrazio anche per la bella esposizione.
Alcune tavole esposte che illustravano il mio percorso professionale.
Incontro Lele Vianello con il quale facciamo due chiacchiere e poi di nuovo Laura, e poco dopo ci andiamo a sedere per fare dediche, fino a che Michel Jans non mi chiama per l’inaugurazione della mostra, i soliti discorsi programmatici (ma ho fatto i complimenti all’assessore alla cultura per la capacità di sintesi), e poi un piccolo discorso mio in quanto “invitato d’onore” (infatti tutti i colleghi mi sfottevano chiamandomi presidente). Poche parole di ringraziamento e poi, e ci tengo a dirlo, due anche per l’amico e collega Fabien Lacaf, recentemente scomparso.
Poi un piccolo aperitivo con buffet nella corte del tribunale, ringraziando il tempo per la clemenza del momento e il pallido sole uscito a gratificare i sacrifici fatti dai benevoles, e ancora dediche fino allora di pranzo, e “Mimbrenos“ alla grande, curioso vedere come un genere western, conosciuto, vetusto è strano consumato, ancora desti così tanto interesse e tanti amanti.
Poi a mangiare in un localino vicino e poi di nuovo al trabajo, fino alle 18,00 (un po’ in anticipo sugli orari dei festival, ma non dei palazzi di giustizia), un aperitivo per ingannare il tempo rimasto prima della cena, e poi di nuovo di fronte ad un tavolo. Questo alternarsi rapido e compatto di lavoro e pranzo, mi ricorda altri contesti.
Cena con una specie di lasagna neanche tanto male e chiacchiere su tutto, con Lele e Laura, e poi a nanna piuttosto cotti, o sono io che non ho più il fisico (oppure sono davvero stanco, anche se dalla mia non ho mai staccato tra una dedica e l’altra), fatto sta che appena entro in camera vedo il letto solo come la migliore delle promesse.
Laura Zuccheri, Michel Jans (in piedi), io e Lele Vianello.
La domenica ci sveglia con un timido sole che si rafforza durante la mattinata, mantenendo però un’aria tutt’altro che estiva, in giro infatti si vedono giacchettine leggere e addirittura felpe. La colazione all’Ibis è nella tradizione di queste catene di alberghi, baguette, croissant e una discreta scelta tra marmellate, succhi e quant’altro, lo spazio è gradevole e l’hotel, al quale si accede con un ascensore, si ritrova il “piano terra” in corrispondenza del terzo piano del palazzo, entiendes? Per cui la sala colazione si ritrova qualche piano più alto della strada, cosa che mi era sfuggito la sera che ero arrivato (stavo parlando con Laura e non ci ho fatto caso), salvo poi stupirmi la mattina successiva non capacitandomi di come potevamo essere così alti, furbo, eh?
A fare colazione trovo Boudoin, un autore francese molto particolare, un poeta del disegno con una produzione molto autoriale e al tempo stessa tenuta in grande considerazione, ci salutiamo, poi due chiacchiere con Laura e via di nuovo in camera.
L’ingresso della mostra e altre tavole esposte.
La valigia è pronta, c’è ben poco altro da dire, la routine in questo caso è ormai collaudata e mi avvio verso place Saint Andrè, sede del Tribunale e del festival, vorrei traccheggiare un po’ non ci sono molti autori e scopro di essere in perfetto orario, ma ho già ad aspettarmi almeno una mezza dozzina di albi (dei benevoles) e essendo già arrivati alcuni lettori, si è già formata una piccola fila, non mi resta altro che cominciare se voglio realizzare tutti gli albi che mi si prospettano.
E la mattinata va così, senza alzare la testa e con una dedica dietro l’altra, e terminando pianificando al tempo stesso l’ora del pomeriggio che mi rimane per cercare di soddisfare i lettori in fila, senza creare false aspettative ai nuovi che non potrei accontentare.
A pranzo siamo in uno dei ristorantini che si affacciano sulla piazza, l’ho già detto e lo ribadisco, il vecchio centro di Grenoble è molto carino, pieno di negozi, vecchi palazzi e bistrot, pub e brasserie in perfetto stile francese, tutt’intorno c’è anche un certo movimento, del resto è domenica e siamo all’ora di pranzo. Il ristorante ha una sala riservata per noi autori, ci sediamo mischiati, e di fronte a me c’è Nicolas Keramidas con il figlio, autore grenoblois con il quale ho condiviso solo quindici giorni fa, l’avventura cinese a Nanjing, e con il quale facciamo due chiacchiere.
La conversazione è piacevole, Lele e Laura sono colleghi con cui non è difficile parlare di vari argomenti, una volta esautoriate quelli professionali, of course, e anche il pranzo si conclude con una breve passeggiata prima di riprendere la sessione di dediche, che per me si fermerà alle 16,00.
Per quell’ora sono riuscito a realizzare tutti gli albi in programma, François Deflandre, l’autore belga che mi aveva aspettato con Laura il venerdì sera, sarà il mio compagno di viaggio fino al Saint-Exupery, dove prenderà solo cinque minuti prima i me, il suo volo per Bruxelles. Pierre sarà il nostro chauffeur.
Il tempo di salutare tutti e partiamo, il pomeriggio è caldo e soleggiato, ed il viaggio tranquillo e senza patemi, talmente tranquillo che dopo poco io riesco anche ad addormentarmi.
All’aeroporto con François dopo avere espletato tutte le operazioni (check-in lui e controlli doganali entrambi) ci fermiamo ad uno Starbucks all’interno del terminal per prenderci un caffè, consumiamo il nostro tempo a disposizione e dopo i saluti ognuno si dirige verso i rispettivi gates.
La partenza è quasi in orario e l’arrivo a Francoforte dove, come all’andata ho tempi strettissimi, mi permette con relativa calma di raggiungere dal gate A24 il B04, mai a trovarli adiacenti, tuttavia ho perfino una decina di minuti di attesa prima di procedere l’imbarco.
Paradossalmente il mio stress sia all’andata (me ne è mancato il tempo), sia al ritorno (con gli orari rispettati) ha dovuto soprassedere, lui che sperava in un sussulto, in una piccola rivincita, in un canto del cigno con cui chiudere la stagione all’ultima occasione prima dello stop estivo, è rimasto deluso.
Adesso il mio aereo sta attraversando un bellissimo tramonto rosso, peccato mi rimanga dalla parte opposta, ma questo caldo abbraccio del sole morente tinge di un colore caldo ed appassionato la carlinga, anche se i passeggeri, presi dal sonno e dalle letture, neanche se ne accorgono.
Che dire? Vogliamo tirare alcune conclusioni? Anche no.
Del resto è stato un anno particolare, nato sotto una strana stella che ancora oggi fa fatica a definirsi, e dalle cui ombre non riesce ad emergere, ho terminato il 2018 di gran carriera, forse esagerando, con una graphic-novel in uscita ed un albo francese da terminare all’ultimo tuffo, con gran fatica e da presentare ad Angouleme, e mi sono ritrovato sbattuto in un 2019 perfino troppo confuso, con tappe e impegni da soddisfare ma con una convinzione ed una determinazione mano a mano sempre minori.
Rapporti che credevo saldi e forti che all’improvviso (ma neanche troppo) si incrinano e dimostrano tutta la loro fragilità, una professione che mostra la corda con problematiche lungi da essere risolte e che anzi si complicheranno sempre di più in un mercato che si fa fatica a definire tanto è sovraccarico di prodotti ed offerte insomma, si riflette sul domani, magari cercando anche altro.
Lo stop estivo, che ci sarà inevitabilmente (per la riduzione drastica, anzi totale degli impegni) e anche per un desiderio personale di prendersi una pausa dall’affanno della rincorsa a fare sempre qualcosa, a dire sempre qualcosa, ad apparire sempre per qualcosa, potrebbe (uso un condizionale d’obbligo) anche produrre spazi di silenzio, praterie di non detto, universi di niente.
Per il momento l’annuncio, vedremo se ne sarò capace.
Cari rari, pazienti e fedeli aficionados vi saluto, ‘sto report non è stato gran che, lo so, ma quest’anno va così, di meglio non so fare o non ho neanche voglia di fare.
Non vorrei caricare di troppe aspettative questa estate, che al momento si dimostra anche pigra nell’elargire i frutti che dovrebbe regalarci, mi piacerebbe mi portasse relax e capacità analitiche per vedere il mio futuro più chiaro, per avere risposte meno vaghe, per portarmi almeno un po’ di serenità ed aiutarmi a ritrovare qualcosa che sento di avere perduto.
Ce la farà?