NANJING, AGAIN CHINA – 1a Parte

Un titolo in inglese per sottolineare il nostro essere internazionali of course, che è invece inversamente proporzionale alla realtà, o almeno, come ci sentiamo realmente.

Comunque siamo qui, all’Amerigo Vespucci aeroporto in Firenze, per prendere il volo per Francoforte e, da lì, quello per Nanchino (Nanjing) e cominciare la nostra seconda avventura in terra mandarina.
Ci siamo arrivati per il rotto della cuffia, giusto per usare un italiano forbito, perché il visto cinese in realtà è arrivato solo ieri mattina, alla vigilia esatta della partenza, giusto in tempo direte voi, vero ribatto io, ma ad ogni modo come si fa ad arrivare sempre fino al limite? Una volta o l’altra inciamperemo, no?
In questo caso però è colpa mia, è mio il colpevole atteggiamento di aspettare fino all’ultimo momento per poca fiducia nell’organizzazione, pregiudizi per questa volta smentiti, salvo poi rendermi conto che invece il viaggio si sarebbe fatto e ho iniziato a muovermi in ritardo. Ma a quel punto i tempi di richiesta del visto erano strettini e allora ho pensato di bypassare spese e tempi di agenzia ed andare direttamente al consolato cinese a Firenze per accelerare il tutto, ma qui la mattina stessa, dopo avere compilato il giorno prima un ipotetico test per l’accettazione della richiesta, al consolato mi è stato detto dalle persone precedenti a me nella fila – e molto più informati del sottoscritto- che il nuovo console aveva cambiato le procedure e dopo avere compilato on-line un modulo -che non era quello che avevo compilato io- il programma mi avrebbe dato un ID identificativo che mi avrebbe permesso di fissare l’appuntamento necessario per sottoporre la richiesta. Ma l’appuntamento, anche per chi aveva fatto la corretta procedura, veniva assegnato una settimana dopo la sua compilazione, risultato: troppo tardi e quindi niente Cina.
Per fortuna, il mio amico Alberto dell’agenzia Kaekna -giusto fargli un po’ di pubblicità- il pomeriggio stesso si è reso disponibile per aiutarmi a compilare il modulo on-line (complicatissimo è pieno di domande) onde poi inviarlo a Roma ad un’agenzia intermedia che si occupa di richiesta di visti e quindi evitando gli appuntamenti impossibili, per cui avviando una procedura di emergenza, alla fine ci siamo riusciti, mi è costato un po’, ma quel po’ mi verrà rimborsato dall’organizzazione dell’Impresa.
Insomma, c’è l’abbiamo fatta e adesso siamo qui ad attendere l’imbarco per la città tedesca.

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La nuova avventura è targata Wangning ora, questo cinese perennemente sorridente dalla battuta veloce e dallo sguardo intelligente, lo conosco da diversi anni, ma se mi chiedete effettivamente di che cosa si occupa, sinceramente non saprei che rispondervi, fatto sta che ogni volta che si presenta ad un festival un artista cinese lui è sempre in mezzo, c’era quando la giovanissima Zhao Dao venne in Francia per Mosquito, quando venne una delegazione di artisti cinesi a Grenoble ed era un accompagnatore accreditato nel mio ultimo viaggio a Pechino, dove mi fece conoscere il suo editore, anche se non sono mai riuscito a capire che cosa pubblichi. Questa sua indeterminatezza, corroborata da una serie di proposte professionali che non hanno mai visto la luce, seppur congiunta ad una presenza costante, è anche il motivo delle mie perplessità iniziali sul viaggio, fugate in seguito dall’arrivo della documentazione.
Fatto sta che Wangning è un personaggio caratteristico, che fa un’immediata simpatia appena lo conosci e che si fa in quattro per te ad ogni tua esigenza, e lo abbiamo constatato anche in questo viaggio.
L’operazione Nanchino (in mancanza di una definizione ufficiale, al momento la chiamerò così), dovrebbe avere le stesse caratteristiche della precedente, da quello che ho capito, ma devo dire che non sono sicurissimo, vedremo in seguito.

Quando arrivo a partire, temo sempre di dimenticare qualcosa e a volte capita, e il timore aumenta quando la fai necessariamente all’ultimo momento. Per cui, con un’attenzione maggiore, ieri pomeriggio mi sono preparato la valigia, informandomi sul web delle temperature che ci sono a Nanchino (tra 18-29 C), giusto, per sapere se mettere golfini o t-shirt. L’ultima volta che sono andato era aprile e faceva un caldo boia, ed era Pechino che è più a nord, all’altezza di Napoli più o meno, mentre Nanchino risulta sulla latitudine di Alessandria d’Egitto, vuol dire poco ma dovrebbe essere calduccio. Per cui via con le t-shirt, con la speranza di auspicare quel prologo d’estate così tanto attesa da noi e così tanto in ritardo.
Per email ho avvisato i miei compagni di viaggio del mio arrivo a Francoforte, così tanto rimasto in sospeso… ah, già, non vi ho ancora parlato di loro.
A differenza dell’altro viaggio, dove conoscevo la maggior parte dei colleghi, della composizione del gruppo di autori che dovrebbero far parte di questa spedizione, conosco solo quelli in partenza dall’Europa, e cioè il sottoscritto, Nicholas Keramidas, un collega francese che ho incrociato più di una volta in festival e manifestazioni d’oltralpe, ma che non posso ancora definire “amico” e Glyn Dillon, un artista inglese che, a dire il vero, non conosco affatto. Poi, se non ricordo male dalle prime comunicazione intercorse tra me e l’organizzazione, mi pare ci siano anche altri colleghi, ma non so se coreani o giapponesi, sicuramente non europei e non so se americani. Ve lo dirò a breve.
Ma il nostro rendez-vous è a Francoforte, lì ci conosceremo e insieme alle 18,20 dovremmo prendere lo stesso aereo Lufthansa per Nanchino, dove arriveremo il giorno successivo  dopo aver attraversato mezzo globo.

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Il nostro incontro all’aeroporto di Francoforte, a fianco a me: Glyn Dillon e Nicolas Keramidas.

A Firenze è una bella giornata, luminosa e piuttosto calda, non dovrebbe essere un’eccezione a fine Maggio, ma per quest’anno sembrerebbe di sì.
L’imbarco è in orario, per quanto io mi presenti addirittura un ora prima di fronte al gate, distratto ed eccessivamente tranquillo, mi accorgo che un aereo è in partenza per Francoforte è mi metto in fila, ma in realtà mi accorgo subito dopo che c’è n’è uno esattamente un’ora dopo. Ora io sarò pure stato troppo tranquillo, e il rilassamento fa fare cazzate, ma la logica però ancora mi dice che due aerei per la stessa destinazione che partono da un piccolo aeroporto come Firenze, è una scelta improbabile.
Ma partiamo in perfetto orario con Air Dolomiti, una compagnia satellite di Lufthansa.
Mi assopisco baciato dal sole che filtra dall’oblò, il cullare dell’aereo è traditore ed io riesco a dormire più nelle piccole tratte piuttosto che nei tragitti lunghi, capace che tra Francoforte e Nanchino resti sveglio.
Poi, dopo essermi svegliato del tutto e avere consumato la tirchia bevuta offerta dalla compagnia, la mia vicina in uno slancio abbastanza anomalo per una giovane donna, mi chiede se vado a Francoforte per lavoro. Devo dire che rimango piuttosto stupito è preso in contropiede, anche se non dovrei, perché capisco subito anche se parla un perfetto italiano è comunque tedesca, ecco perché quella disinvoltura, una Latina sarebbe stata più guardinga per paura dell’approccio con secondi fini del maschio. È una giovane donna che, a dire la verità, non avevo notato, strano, l’avevo vissuta solo come una presenza fin dal suo arrivo ma l’avevo osservata poco, valutandola male, ed allora mi metto a sbirciarla di traverso e con sguardo inclinato per farmi un’idea. È anche carina, ha i colori delle donne del nord, capelli chiari come chiara è la sua carnagione, ha un bel viso, e un bel sorriso come quelli che piacciono a me, che segnano due piccole rughe non invadenti intorno alla bocca. Ci mettiamo a parlare e anche con una certa intensità, si chiama Ina e sembrava quasi che avesse voglia di farlo da chissà quanto tempo, ma glielo impediva il mio dormire, non so cosa l’abbia spinta in questo suo approccio così diretto, che è stato spiazzante per certi versi, ma fatto con una tale spontaneità da trasformarlo in naturale. Gli parlo della mia scuola e di cosa faccio e lei mi incalza con domande e curiosità, è intelligente e vuole sapere, mi chiedo anche se non sia di una scuola concorrente, pensa te, ma poi scopro che è una grafica e insegna anche lei, a dei bambini di una scuola elementare, di quelle che optano per una educazione rustica, nel limitare del bosco vicino a Fiesole e favorendo le tecniche tradizionali, ecco perché tanto interesse. Parliamo dei giovani, di come sono, di come sono cambiati e mille altre cose, e così Il tempo scorre molto velocemente, specialmente quando si conversa amabilmente, e in quattro e quattr’otto atterriamo a Francoforte, continuiamo a parlare sul bus e perfino in aeroporto, e devo dire che stare insieme a lei è stato molto piacevole, poi la grafica indica l’uscita, e dall’altra parte i gates internazionali, ci separiamo amichevolmente ripromettendoci di vederci a scuola, quando vorrà. Se il viaggio fosse durato di più si sarebbe trasformata in una sincera amicizia.
Intermezzo carino, come quelli che riescono solo in porti di transito, solo viaggiando a cuor leggero, quando lasci che le cose ti succedano e quando non osservi la vita con interesse, ma lasci che sia lei a proporti occasioni curiose.
Ho ancora parecchio tempo a disposizione, adoro viaggiare senza dover correre, e inseguendo il Gate B25, devo ripetere la coda per il passaporto, siamo in territorio internazionale, qui i tedeschi sono al loro minimo sindacale, la coda importante, i gabbiotti per il controllo documenti solo uno, poi due ma a scartamento ridotto, ma ho tempo e riesco anche a non maledirli.
Passato nel nuovo spazio incontro subito Nicholas Keramidas, il mio compagno di viaggio francese, ci conosciamo di vista e ci salutiamo subito, il tempo di scambiare le nostre impressioni su viaggio e tribolazioni per il visto (anche lui ha avuto i miei stessi problemi, con un solo giorno di vantaggio su di me), quando poco dopo mi squilla il telefono, è un numero inglese, è Glyn Dillon, aveva il mio numero che ci eravamo scambiati tutti per email. Il tempo di fare le presentazioni, lui è con moglie e figli e poi inizia l’imbarco, ci mettiamo in fila e ci accomodiamo nel comodo Airbus A340-300 della compagnia di bandiera tedesca, neanche a dirlo è pieno di cinesi (curioso), io sono al posto 42C e davanti c’è Nico, accanto a me una cinesina che con il mio pessimo inglese scopro essere una sangue mista, padre cinese-madre portoghese, studia a New-York ed è simpatica pure lei. Le file sono di otto posti con quattro posti allineati centrali, io sono sul lato e quindi posso uscire e camminare senza disturbare nessuno.
Preso possesso  del posto ricomincio a scrivere, se si va avanti così, sarà un poema.
Delle undici ore di viaggio c’è poco da dire, l’assortimento dei film è notevole, molti hanno la traduzione in italiano, cosa che temo sarà difficile trovare nel viaggio di ritorno previsto con Air China. Per compensare l’orario si spengono le luci per agevolare la notte, per noi che inseguiamo l’alba. Dopo una cena a base di pollo e riso, mentre la mia vicina dorme, mi metto a guardare BumbleBee, un film di robottoni, sugli aerei vuoi per lo schermo ridotto, vuoi per la poca voglia di impegnarmi in visioni più articolate, opto per filmoni fracassoni che in altre circostanze non vedrei, il cervello in queste occasioni lo mando in vacanza. Il tempo di finire il film è prepararsi alla notte gonfiando il collarino per il sonno, con la pia illusione di mettere in fila qualche ora di riposo, che la mia vicina si sveglia e accende il lanternone per la lettura, non c’è che dire: un tempismo perfetto.
Il resto è un continuo rigirarsi sulla poltroncina, cercare senza trovare la posizione giusta per invitare il sonno ad accomodarsi, e scoprire ogni volta che preferisce andare altrove. Ma qualcosa si dorme, pur sapendo che sarà il giorno successivo quello che dovrà pareggiare i conti con la stanchezza.
Adesso abbiamo compilato il foglio datoci dalle hostess per l’ufficio immigrazione, con tutti i nostri dati, le turbolenze dell’atterraggio ci fanno ballare, ma siamo a pochi minuti dalla nostra destinazione.

Venerdì

All’arrivo l’aeroporto di Nanchino, come tutte le infrastrutture cinesi, appare enorme, qui tutto è gigantesco: atri, spazi e volumi sono imponenti. Ci dirigiamo allo sportello immigrazione dove insieme al passaporto consegneremo il voucher che ci hanno consegnato le hostess durante il volo è che noi abbiamo diligentemente compilato. Le procedure sono piuttosto veloci, più efficienti dei tedeschi, a meno ad una prima occhiata, poi a prendere il bagaglio.
All’uscita troviamo Wangning con tutta l’equipe dell’accoglienza, interpreti fotografi e collaboratori, più tardi ci dirà che tutto lo staff al completo dispone di ben 48 persone, la mia interprete che se Dio vuole questa volta parla italiano, si chiama Isabella, nome che si è data durante il suo anno di studi all’Università per Stranieri di Perugia, il suo nome cinese è in effetti molto dolce, ma non lo rammenterei (si chiama comunque Zhuo Qing). È una ragazza graziosa è dal sorriso facile, ha gli occhialini ed ha l’aria della brava studentessa, ha l’età di mia figlia è non si fa problemi a parlare di tutto, ha una spontaneità genuina e manca di quella timidezza propria degli asiatici, peccato che dovrà stare con me solo i primi tre giorni, ma fraternizziamo subito.
Durante il tragitto verso l’albergo ci fermiamo per il pranzo, non ho fame, mi pare di avere fatto colazione da poco, ed è anche così, ma il primo giorno sappiamo bene essere di assestamento. Ci sediamo al solito tavolo circolare munito di pedana rotante al centro, e mentre le cameriere servono piatti su piatti di pietanze a base di funghi neri, lingue d’anatra, gamberetti e tofu cucinato in vario modo, tutto di sapore anemico, Wang inizia a fare le presentazioni, siamo noi tre europei è in più ci sono due autori cinesi, uno è Wan Kwei, che ho conosciuto a Pechino l’altra volta, è figlio del famoso pittore che ha realizzato il quadro di Mao sulla piazza Rossa, è un altro autore cinese dal nome Zuo Ma che ha realizzato un fumetto edito anche in Italia, e in più stiamo anche aspettando un’artista cinese che anch’essa facente parte del gruppo.
Poi, stanchi e fin troppo sazi, perché anche solo per curiosità, seppur privi di fame ma la scoperta di nuovi sapori fa sempre da padrona e finiamo per assaggiare un sacco di pietanze è poi, come il sottoscritto, ci abbocchiamo sull’autobus, mentre sfrecciamo su autostrade circondate da alti, enormi e nuovi palazzi di recente costruzione.
Arriviamo al Artizen Sifang Nanjing Hotel, una bellissima struttura moderna realizzata con un design da film di fantascienza, lontana dalla città e circondata dal verde, una vera oasi.
Ci assegnano le camere, belle e luminose è con vista su boschi e piante, abbiamo due ore poi un piccolo giro in l’albergo, di nuovo la cena piuttosto presto, a quel che pare la cucina chiude prestissimo da queste parti, e dopo una presentazione del progetto.

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L’Artizen Sifang Hotel Nanjing. 

La giornata sembra ancora piuttosto lunga.
Alle 17,00 incontro nella hall e tutti insieme ci mettiamo su dei pulmini elettrici per il giro turistico del parco che circonda l’intero albergo che in realtà è molto di più. In realtà il Artizen Sifang Nanjing Hotel è un concentrato di cultura internazionale e uno spazio dove architetti cinesi e di tutto il mondo hanno data libero sfogo alle loro fantasie abitative, disseminando all’interno del suddetto parco ville realizzate negli stili più moderni e ispirati alle più personali motivazioni, qui l’intento è quello di mettere a confronto visioni del mondo a disposizione di tutti gli interessati, uno spazio interculturale ed aperto ed in continua evoluzione. Ci fermiamo a visitarne alcune e tra queste qualcuna ha anche delle camere facenti parte dell’hotel, nel senso che se si vuole, a prezzi decisamente maggiorati, sono a disposizione della clientela, per un soggiorno all’interno di un contesto di moderno e funzionale design. Il gruppo alberghiero, tra cui spicca uno spazio enterteinment realizzato dal nostro Ettore Sottsass ma ancora da ultimare, è stato pensato anche come luogo di ispirazione per artisti che, nel verde del parco possono trarre la giusta ispirazione per le loro opere. Ci sono anche un paio di gruppi residenziali abitativi in vendita, ma tra questi di abitati c’è ne sono davvero pochini anzi, ad una prima vista quasi nessuno, non so per i prezzi che immagino cari o per la distanza, da qui la città dista circa venticinque chilometri, se ne vedono infatti svettare i grattacieli della periferia a notevole distanza.

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Le strutture architettoniche dell’Artizen Hotel.

Ma il luogo è davvero intrigante, bello de esclusivo e le linee architettoniche e la camera davvero molto belle, anche se non mi pare di vedere quel turbinio di traffico di ospiti.
Al nostro rientro già pronti per la cena, che decisamente sale di livello nei confronti del pranzo del giorno. Anche qui la fame latita, ma la curiosità no, per cui finiamo per assaggiare un sacco di curiosità culinarie.
Qui nel frattempo arriva la signora Hu Rong un’artista cinese che da anni vive in Giappone e che farà parte anch’essa della comitiva, era stata annunciata e la stavamo aspettando. Il programma è il medesimo di Beijing, giri in località suggestive e relativi sketches per la produzione finale di dieci illustrazioni che verranno pubblicate su un libro es esposte ad una manifestazione importante del paese. Ci viene anche sottolineato che, in presenza di altri media partnership del progetto, attraverso servizi filmati, fotografici ed esposizione mediatica ovunque, noi saremo delle superstars nel panorama televisivo cinese delle prossime settimane.
Dopo un piccolo briefing sulle cose che andremo a fare nei prossimi giorni, la consegna del programma e le necessarie delucidazioni tradotte nelle tre lingue del gruppo, inglese, francese ed italiano.
Siamo cotti, e su alcuni punti soprassediamo, l’indomani si prevede una giornata fustigata dal maltempo e per essere ad un’ora passabile ad un museo, dovremmo svegliarci alle 7,15, per cui dopo un oretta di chiacchierata e delucidazioni, tra le ragazza che devono rientrare a Nanjing e noi che vogliamo fortissimamente andare a letto, ci salutiamo tutti e spariamo ognuno nelle proprie stanze.
Oggi è stata un giornata lunghissima, anche perché praticamente sono state due.
Adesso vi saluto.

Sabato

La partenza è sempre troppo presto, per cui la colazione la facciamo all’apertura della sala breakfast, mi accorgo tardi che c’è un angolo anche con cibo occidentale, me ne accorgo tardi per cui ormai prendo anche una frittata e degli spaghettini cinesi, ma poi ripiego su un cappuccio con pane e marmellata, almeno l’inizio della giornata facciamolo con qualcosa di convenzionale, visto che per pranzo e cena è tutta una lotteria di cibarie nuove e inediti sapori.
Ci dirigiamo spediti al museo tradizionale di Nanchino, qui ci scaricano fuori dall’autobus e cominciamo a seguire come bravi turisti la guida che ci è stata assegnata, io ho accanto a me Isabella che mi traduce in simultanea ed è tutto uno scorrere attraverso la storia della città e la Cina e le innumerevoli dinastie imperiali. Già sul bus aveva iniziato a sciropparci la storia locale un addetto al comune anch’esso responsabile dell’intera organizzazione che, tra addetti, fotografi e cineoperatori e studenti ha raggiunto la capienza massima dell’autobus granturismo che ci scarrozza ogni dove.
Il museo è molto bello e la struttura è moderna, gli interni sono spaziosi ed è pieno di gente, è sabato e la gente non lavora neanche qua, avremmo potuto evitare vendendo un giorno feriale, ma la forzatura è dovuta al maltempo che ha obbligato gli organizzatori a spostare la visita per poter rimanere al chiuso. Gli spazi sono ampi e funzionali, il materiale esposto viene valorizzato al meglio e ci sono padiglioni anche con audiovisivi per incentivare la visita di ragazzi e scolaresche, le persone sono per lo più cinesi e, anche se i cinesi sono oggettivamente moltissimi , la quantità di visitatori sta ad indicare che è un paese che tiene alla propria storia e alla propria cultura, vista la quantità di persone che circola.

 

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Il museo con le stanze e le strade della vecchia Cina ricostruite al suo interno, e la statua che ho rappresentato nel mio sketch.

Seguiamo diligenti la guida che molto, professionalmente ci dice ogni cosa, portandoci anche in una Nanchino negli anni ’20, con negozi e abitazioni ricostruite alla perfezione, ma poi dopo tutto noi dobbiamo prenderci anche il tempo per realizzare i nostri sketches, per cui o ascoltiamo la guida, o giriamo autonomamente per cercare i punti di vista che ci interessano per realizzare i nostri disegni. A me piace fare panorami all’aria aperta, ma sono costretto a scegliere nei vari ambienti, ho poco tempo e mi siedo su una scalinata prendendo come soggetto una scultura moderna di un signore a sedere, decido per velocizzare i tempi, avrò una 45ina di minuti utili prima della partenza, e realizzo il tutto in BN. La gente si accalca intorno a me per osservare cosa fare e sarei anche curioso di sentire che dicono, solo se potessi capire, ma mi accontento di sentirli cinguettare con i loro sospiri e mugolii. All’uscita ci aspettano tutti, siamo una banda impressionante, ed è già tempo di andare a pranzo… ed ho una strana impressione, sono solo due giorni che siamo qui, e a me sembra di stare sempre al tavolino col piatto davanti.
La ragazza che guida il team di documentaristi, mi chiede le mie impressioni sulla città, io non ho molto da dire, almeno adesso, ho visto poco e non mi azzardo a fare parallelismi con le nostre città, anche solo per spiegare differenze e particolarità, ma devo dire sin da adesso che almeno ad un primo sguardo mi sembra più ordinata, più verde e meno caotica di Pechino, sarà la grandezza, almeno un quarto della capitale, ma le differenze mi pare ruotino proprio intorno a questi particolari.
I ristoranti sono piuttosto diversi dai nostri, sono vere e proprie costruzioni fatte ad hoc e dispongono di sale generiche con molti tavoli ma anche salette private con i tavoli rotondi e il classico piano rotante centrale, per adesso la nostra destinazione è sempre questa, e per mancanza di posti le interpreti vengono fatte sedere in tavoli a parte mentre noi artisti ci sediamo tutto insieme.
Non so se a ordinare ci pensano direttamente egli organizzatori o sono preventivati in anticipo, fatto sta che una miriade di cameriere cominciano a portare piatti su piatti sulla parte centrale e noi come dei beccaccini, con i nostri becchi a forma di bacchette, pilucchiamo tutta ‘sta roba che ci viene offerta e che, anche dopo alcune spiegazioni, spesso non riusciamo molto bene a capire la natura di quello che ci mettiamo in bocca.

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Il sottoscritto, Isabella (Zhou Qing) una nostra accompagnatrice, Zuo Ma e Wangning.

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Prelibatezze cinesi.

Ma i pranzi e cene non durano moltissimo, anche perché il rollino di marcia è prestabilito e noi siamo delle macchine da sketches che non possono essere interrotte, qui ci portano in un altro museo dove per un po’ seguo la guida, ma poi decidiamo ognuno per se di dislocarci dove vogliamo, per permetterci di trovare un punto di vista interessante, per cui mi siedo fuori dall’entrata principale e mi rivolgo al lato opposto dove una costruzione tipica cinese incornicia l’entrata del museo, e anche se schizzetto un po’ la seduta è comoda e la vista decente, e mi metto a disegnare.
Alla fine di questa, ripartiamo verso la città vecchia che, come sempre è anche il centro commerciale più pulsante di Nanjing, la nostra destinazione è un museo dove è custodita tutta l’esperienza maturata nelle università e dove venivano esaminati i futuri funzionari dello stato che dovevano prendere parte nella difficile professione dell’amministrazione della cosa pubblica, una vera e propria fabbrica di impiegati altamente selezionati. Nanjing era la città dove venivano selezionati i funzionari del sud del paese e i loculi all’interno dei quali venivano tenuti per nove giorni gli esaminandi hanno a che vedere con una sorta di prova di contenzione per detenuti, ma la selezione e l’attenzione al che non copiassero o imbrogliassero durante la prova, arrivava perfino a controllare la vestizione in modo che non nascondessero appunti. Un po’ come selezionavamo i nostri funzionari pubblici Italia, l’attenzione sopratutto all’onestà e alla dirittura morale è cosa primaria, qui, all’uscita del museo campeggia una scritta in ideogrammi grandissimi in cui è sottolineata l’attenzione alla scelta degli uomini migliori.
Tuttavia, nello spasmodico bisogno di trovare un posto dove disegnare e la batteria della fotocamera che mi si scarica poco dopo, mi dimentico di fotografare i loculi per gli esami, domani me ne frego e cerco di fare tutto con maggiore calma, oggi con queste paturnie mi sono perso un paio di cose interessanti, ad ogni modo decido di sedermi fuori, ci sono due guardie a sentinella di una porta che sembrano carine. Ma piove e anche l’ombrello con il quale Isabella gentilmente mi ripara è insufficiente a proteggermi dalle gocce che si stampano sul foglio, decido perciò di fotografare il soggetto è andare nella caffetteria interna, dove tra l’altro mi posso tranquillamente sedere. Ma anche qui si fanno i conti senza l’oste, il museo deve chiudere e l’orario previsto per i disegni deve essere ridotto, terminerò di finire il mio sketch al ristorante, tanto sempre lì andiamo a finire.
Ora, sui ristoranti e le relative peripezie, eviterò ogni volta di ricamare commenti e particolari, anche per paura di ripetermi, sul cibo sapete come la penso. Si mangia di tutto ma evitiamo di fare i paragoni perché, noi italiani siamo abituati male, siamo sciovinisti e pallosi, per cui come mangiamo da noi… ecco, appunto, siccome io sono uno che mangia di tutto, e la morte per fame nel mio caso avverrebbe non tanto per la particolarità del cibo, quanto per la sua totale assenza, cercherò di essere più oggettivo possibile.
Dopo avere terminato il mio sketch seduto su un tavolo libero, in questo ristorante, come in altri, di cui non potrò mai dirvi i nomi perché anche me li dicessero, me li dimenticherei un minuto dopo, le pietanze vengono portate piattino per piattino nella quantità relativa ai clienti, per cui ogni due per quattro il pianale centrale (inutile a dirlo, rotante), viene di volta in volta riempito con cibarie diverse. Dopo le prime tre portate ci viene detto di stare quiet, come dicono gli americani, perché la particolarità di questo ristorante è che ne portano sedici.
Conviene stare tranquilli.
Per cui tra brodini, brodetti, simil-tortellini ripieni, funghetti neri, un uovo sodo scuro ma con l’interno farcito (anche buono), e mille altre cose dai sapori improbabili -inutile ribadirlo-  ma ogni volta che mi azzardo a prendere qualcosa a base di tofu, non posso fare a meno di esprimere le mie solite perplessità sul l’inutilità e l’assenza di sapore di questo alimento così tanto popolare da queste parti, terminiamo con del cocomero a pezzi, pare una coltivazione speciale di queste parti e, invece molto meno colorito e dolce dei nostri, ma ovviamente non gliel’ho detto.
Poi di nuovo tutto fuori per una gita in barcone sul fiume che attraversa la parte centrale della città, passiamo avanti a tutti perché blandiamo con orgoglio e imbarazzante prosopopea, un pass con sopra indicato… è che ci permette di bypassare file ed ingorghi. Anche perché ogni volta che ci muoviamo sembriamo il Gruppo Vacanze Piemonte.
La serata è calda e non piove, la città ha ancora i negozi aperti, pessima abitudine per i commercianti ma lo splendore delle luci e la vitalità delle strade ripagano di tale sacrificio che, per i cinesi sacrificio non è. Noi fatichiamo a renderci conto, ma è sabato sera e c’è una gran moltitudine di gente che brulica intorno a noi, i locali aperti, i risciò che scampanellando avvisano le persone di scansarsi, le comitive, le coppie e le famiglie, è tutto un gran casino che mette allegria, noi ci dirigiamo verso l’imbarcadero e veniamo fatti accomodare di lato, per poi farci salire su due barconi che hanno ormeggiato da poco al molo e scaricato il giro precedente. Le luci colorate danno un senso magico alla serata, il canale è illuminato sulle due rive, le passeggiate laterali che costeggiano il fiume sono piene di persone che camminano e le luci multicolori e in certi casi intermittenti fanno apparire tutto come un bellissimo Luna Park notturno.

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Nel canale fluviale dello Yan Tze, che si incunea all’interno di questa parte di Nanjing, una gita in barca imperdibile e molto apprezzata anche dai locali.

Ci godiamo il nostro giro come fossimo in un parco a tema, alcuni uccelli simili a gabbiani ci osservano dalla riva, mentre locali e abitazioni che si affacciano sul fiume mostrano tutte le loro caratteristiche, è una bella atmosfera e noi ce la godiamo.
Non è tardissimo quando scendiamo, ma io sono molto stanco, la giornata è stata intensa e al pensiero che siamo soltanto alla prima effettiva, quasi mi preoccupo. Attendiamo il bus e saliamo tutti, all’università facciamo scendere le nostre interpreti che ci salutano simpaticamente, io non sono stato di molta compagnia, mi si chiudevano gli occhi, saluto Isabella e ci dirigiamo verso il nostro albergo, ci saranno svariati minuti da qui al nostro arrivo.
E non ci giurerei di averli fatti tutti da sveglio, anzi.

Domenica

Mentre la penisola dorme il sonno del giusto, in attesa di votare per sindaci e parlamentari europei, noi ci svegliamo sotto una pioggia battente che prelude ad una pessima giornata, il cielo è di quel colore compatto che indica che il sole se ne sta rintanato in vacanza e lascerà campo aperto all’acqua, anche oggi saremo così obbligati a rinchiuderci in qualche museo a vedere reliquie storiche e testimonianze delle innumerevoli dinastie cinesi.
C’è da divertirsi.
Durante il viaggio tra Hotel e città, Ning Wang dimostra la sua incredibile efficienza, accortosi della nostra impossibilità di accedere alla rete cinese, ci fornisce di un roaming Wi-Fi portatile per ciascuno, impostiamo il nostro infernale aggeggio in modo da essere perennemente connessi, una necessità che, nel suo paradosso, sembra diventata indispensabile.
C’è da considerare che anche qui gli smartphone sono ovunque, insieme alla diffusione delle cattive abitudini (come guidare mentre si osserva il cellulare), che hanno reso davvero globalizzato il nostro pianeta, quello che è stato tanto auspicato da pensatori che immaginavano un pianeta unito da cultura ed arti, l’ha reso possibile l’elettronica con le sue derivazione digitali.
Per cui, o saranno artefici positive del nostro sviluppo, oppure lo rovineranno definitivamente: a noi la scelta.
La mattina piove come Dio la manda, e siamo diretti ad un museo privato di cui non mi ricordo il nome, non sono molto organizzato, devo ricordarmi almeno di fotografare le insegne, laddove sono scritte in inglese almeno memorizzeremo il nome, questa volta sono a scartamento ridotto, lo riconosco.
Prima del museo abbiamo un incontro molto intenso con Wangning, abbiamo capito che l’organizzazione statale che gli fa delle pressioni sullo svolgimento del “progetto”, lo sta incalzando, e siccome come spesso capita i burocrati non hanno idea di cosa sia operare nell’arte e suoi affini, hanno realizzato un percorso guidato che, secondo loro, avrebbe il compito di illustrarci la Nanjing che vorrebbero promuovere, non immaginando minimamente che un artista vuole rappresentare ciò che vuole, come gli pare e a modo suo, e se la bellezza si dice che stia negli occhi di chi guarda, mai come in questo caso è in quelli di chi fa, per cui cerchiamo di spiegare a Wang che siamo noi che vogliamo essere gli artefici di quello che realizzeremo e, nel tempo concessoci, o visitiamo i musei, oppure realizziamo sketches. Inoltre, com’è successo a Beijing, nessuno deve indicarci cosa illustrare, non sono qui, almeno io, a disegnare i soliti monumenti nazionali capaci di trovarsi in ogni cartolina illustrata, ma gli altri la pensano esattamente come me. Desidererebbero anche una specie di storia, almeno di una pagina con un nostro personaggio che “vive” la loro, Nanchino, e qui vedremo di accontentarli dopo, questa/e pagine di storia andrebbero eventualmente a sottrarsi a le famose dieci definitive da realizzarsi al nostro rientro. Poi c’è la solita vecchia diatriba delle illustrazioni da fare dopo, nessuno ha mai tempo per farli, io sono sempre il solito coglione che non si pone problemi, e qui ognuno farà cosa gli pare, alla fine il tutto sarà pubblicato su un libro che vorrebbe promuovere la città è a me va bene anche realizzare altre tavole con maggiore tranquillità che seduto su un gradino.

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Nello show-room della fabbrica di mobili antichi realizzati con il metodo antichissimo dell’incastro e prodotti con legni pregiatissimi, prezzi per i nuovi ricchi della Cina, per mettersi in casa sedie e mobili in perfetto stile imperiale. Nell’ultima foto con l’imbonitore (non so se addirittura un proprietario della fabbrica), voleva fare uno scambio di qualsiasi tipo con il mio disegno ma alla fine si è accontentato di una foto sulle sedie imperiali con il sottoscritto.

Ma torniamo al nostro museo che rappresenta anche una fabbrica di mobili di pregio con l’antica tecnica dell’incastro, ogni mobile prodotto è privo di chiodi, e gli incastri sono delle vere e proprie opere architettoniche di concezione e perfette dal punto di vista artigianale. Qui ci sono sedie, tavoli e ogni tipo di oggetti per l’arredo nei relativi stili imperiali, il legno usato è di altissimo pregio e i mobili carissimi, i prezzi sono per i soliti pochi, del resto arte, tradizione e unicità pare lo slogan della fabbrica di cui il museo che visitiamo è la legittima vetrina.
Ci lasciano poco meno di un oretta per disegnare qualcosa ed io di fare un disegno solo di una sedia o un panchetto nonne ho voglia, per cui decido per uno sketch col mio Nero Maccanti a sedere su una sedia in stile Ming mente si trastulla rigirandosi tra le mani uno dei vari portagioie preziosissimo e finemente lavorato che il presentatore ci aveva con dettagliata precisione descritto poco prima, il pezzo era davvero bellissimo e mi pareva simpatico raffigurarlo. Opto per uno stile semplice e con un rosso e grigio per velocizzare la cosa, il tizio appena lo vede va in un brodo di giuggiole e vorrebbe scambiarlo con qualcosa (non ho idea cosa abbia in mente, forse una sedia?), è rimasto folgorato sulla via di Damasco ma io riesco a svicolare attestanti la proprietà del copyright all’organizzazione, il che è anche vero, ma mi lascia dopo essersi fotografato ed aver fotografato il mio disegno.
Poi via verso il centro è il pranzo… l’ho già detto che stiamo sempre a tavola?
Oggi è la volta di un ristorante volante di noodles, spaghetti cinesi, un piatto che come prezzo, praticità e velocità è l’equivalente della nostra pizza e, almeno al momento, posso dire con sicurezza che è il piatto più buono mangiato fino ad ora, ed io l’ho semplicemente divorato.

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I dolci responsabili del nostro allontanamento dalla comitiva.

Mi accompagna sempre Isabella, carina e sorridente come sempre, una gioia averla accanto, ma purtroppo a causa nostra per la voglia di mangiare un dolcetto in un negozio lì vicino, si becca un cazziatone da Wang perché arriviamo in ritardo. Mi sento in colpa e vorrei dire due parole a Wang che, più tardi però, accortosi di avere esagerato, si fa perdonare, e qui mi ha dimostrato che pur essendo quel ridanciano burlone che è, in realtà è anche una brava persona, e la sua tensione è tutta dovuta al governo locale che lo controlla ad ogni passo del programma.
Andiamo verso l’Università dove l’anno prossimo Isabella terminerà i suoi studi ed è felice come una bambina solo per l’onore che le facciamo a farle visita, in queste cose dimostra una semplicità è una genuinità che noi mi pare abbiamo un po’ perduto, è fiera di cose che noi diamo per scontato ed ogni conquista ai suoi occhi È una conquista, e quindi va goduta e assaporata.
Qui incontriamo un designer davvero particolare, per cinque anni ha bloccato il suo insegnamento per studiare attraverso i segni lasciati dagli insetti, un loro linguaggio grafico prodotto dalle orme che lasciano sulla terra e, usando questo, è mettendo insieme le migliaia di orme prodotte dal suo attento studio di rilevazione, ha realizzato dei libri.

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Le sculture ricavate dagli studi del designer che ha monitorato per anni le impronte degli insetti e le deiezioni di volatili dalle quali ha estrapolato queste forme.

Io e Nicholas ci guardiamo negli occhi e ci chiediamo che cosa abbia fumato per tutto questo tempo, anche se la sua teoria che lui a trasformato in una forma di rappresentazione ha una sua originalità. Con lo stesso criterio ha studiato anche alcune forme lasciate a testimonianza dagli uccelli, per un po’ ci lascia nel dubbio, m quando ci fa vedere da che cosa queste forme sono tratte tutto si rivela ai nostri occhi e ognuno di noi gli richiede il nome del suo spacciatore di fiducia, perché evidentemente deve averlo rifornita di roba molto, ma molto buona. Le tracce non sono altro che le cagate degli uccelli che lui ha censito ed ordinato, e anche qui producendo degli elaborati e, in base alla forma, anche creando un font.
Pretende da noi un disegnino sul un libretto sul quale fa disegnare ogni suo ospite, ed io tanto per non smentirmi gli realizzo una cosa complicatissima con il buco di un culo di un ragno osservato da una grande lente d’ingrandimento, chissà se l’avrà gradita.
Poi tutti sciolti per trovare un posto dove realizzare il nostro sketch, ma anche qui, come il giorno precedente, anche se al momento della scelta aveva smesso di piovere e sembrava volgere al meglio, ha ricominciato.

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La stoica Zhuo che mi tiene l’ombrello e un indomito spettatore che mostra un interesse da vero appassionato.

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Il gruppo degli artisti componenti il team: io, Wan Kwei, Nicolas Keramidas, Zuo Ma e Glyn Dillon con i due figli.

Ma ho fatto la foto dal mio punto di vista scelto e ho terminato lo sketch al coperto.
C’è ancora tempo per andare da quello che è l’artista più conosciuto ed importante della Cina, ma lo scopriremo solo arrivando al suo atelier, che si trova in una zona abbastanza isolata e piena di verde. Pare di entrare in una struttura industriale, e invece all’interno si rivela essere un loft dal soffitto altissimo e vetrato e da stanze molto gradi e luce che entra ovunque, ci f strada quella che scopriremo uno sua amica, non so se agente o cos’altro, all’interno un grande dipinto alto almeno quattro metri di un uomo con le gambe accavallate e dalla prospettiva leggermente distorta, su un cavalletto un intenso ritratto di una ragazza che osserva lateralmente e altri quadri appoggiati alle pareti, ovunque disordine e sporcizia: libri accatastati su un divano, confezioni di sigarette, pennelli, colori ammonticchiati su un ripiano, una scarola piena di confezioni di filtri per fumo, una tavolozza con montagne di pigmento ad olio seccato su di essa, decine di confezioni di whisky molto invecchiato e sicuramente carissimo, insomma quello che convenzionalmente potremmo immaginare come il caos artistico che non disdegna perché frutto di qualcosa di ben più alto della banalità insita nell’ordine, questo reazionario senso che tanto deprime chi l’osserva, un ambiente perciò riconoscibilissimo anche solo perché ricalca tutti i clichè dell’immaginario che sta intorno all’artista, sporcizia, disordine insomma: casino, ma pur sempre creativo.

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Tutti in posa insieme a Mao Yan, artista famosissimo in patria e dalle quotazioni vertiginose.

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Un altro artista facente parte della stessa factory di Mao Yan.

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La solare Zhuo Qing, con il suo solare sorriso e la freschezza della ragazzina ancora entusiasta della vita, con suo rammarico dopo tre giorni, per precedenti impegni, deve lasciarmi, questa una delle nostre ultime foto insieme.

Le immagini dei dipinti tuttavia sono molto belle, intensi ritratti del medesimo soggetto o astratte composizioni fatte su carta tradizionale cinese e inchiostri, i ritratti sono quasi tutti monocromatici, varie tonalità di grigio e rari accenni di rosa e arancione timidamente sugli sfondi, un mondo in grigio ma non privo di un suo fascino, non qualcosa di totalmente innovativo, anche perché gli artisti cinesi provengono da una lunga e perpetrata tradizione al realismo, quindi non è facile discostarsi da questi modelli. Fatto sta che il signor Mao Yan, così si chiama, vende a cifre esorbitanti, anche per tasche occidentali, un quadro lì esposto, un ritratto neanche troppo grande viene valutato qualcosa come 1.250.000 €, si avete capito proprio bene, quella cifra lì. C’è la siamo fatta dire un paio di volte per sicurezza.
Il centro però non ospita soltanto il ricchissimo artista, ma anche un suo gregario, che infatti ha lo studio al piano di sotto, non privo di fascino e al tempo stesso molto luminoso, volendo ha una stilizzazione più personale, l’amore con tecniche grafiche come la serigrafia e manualmente possiede anche una tecnica meno preziosa, ha come soggetti verdure, legumi e panorami ma anche lui predilige i temi dei grigio con puntate di oro e argento, una tematica evidentemente condivisa.
Salutati gli artisti ci dirigiamo verso il ristorante per il pranzo serale, in un’altra parte centrale e commerciale della città, qui dovremmo fare anche un sopralluogo per la serata inaugurale che dovrebbe tenersi il martedì pomeriggio.
La cena è in una sala come già descritta in precedenza, i cibi hanno la particolarità di essere diversi da quelli precedenti, anche se hanno comuni punti i riferimento. Tra noi Glynn mangia solo verdure e Nico non mangia pesce, l’unico onnivoro impudente è il sottoscritto che non si tira indietro di fronte a niente ed osa oltre l’osabile, come stasera ad esempio, si pilucca qua e là tra le moltissime portate posate sul centro rotante, ma o sono fagioli da mangiare uno per uno, o arachidi cotte con la buccia, o funghetti che useremo solo come condimento, e poi sempre cose da provare, dal sapore mai concreto o deciso, oppure come delle crocchette dalla tipologia invitante ma che, una volta scelte avevano un odore simile alla merda e sì, oramai l’avevo presa e me la sono pure messa in bocca, e del sapore non era neanche male se l’odore mefitico non l’avesse trasformato in uno stronzo, perdonate l’espliticità.
Poi tra di noi ci siamo messi d’accordo su l’illustrazione da realizzare per l’inaugurazione, un tema comune su cui ognuno dovrà realizzare i propri personaggi, e qui abbiamo discusso parecchio per trovare un compromesso che trovasse d’accordo tutti, poi Wang ci ha spiegato il processo con il quale, attraverso una sorta di caccia al tesoro a tappe, facendo degli sketch lungo la strada, dovremmo portare le persone al punto convenuto al centro della piazza dove noi ci dovremmo trasformare in performer che dovranno estasiare il pubblico presente e dare un senso anche al nostro essere lì, pagati e trastullati come siamo.
Ma lo spiegherò meglio tra due giorni, il tempo di metabolizzare il piano messo a punto dell’incredibile Wang, che non è un supereroe, ma un personaggio che pare divertirsi molto ad inventarsi situazioni come queste, un ottimo PR, un simpatico comunicatore è un carissimo mattacchione.
Catechizza tutti gli studenti che fungono da nostri assistenti (anche loro avranno una parte importante nell’incredibile piano), e poi finalmente decidiamo di dirigerci verso il bus per rientrare all’albergo.
Unica nota stonata della giornata l’addio alla mia interprete, Isabella stasera mi lascia perché domani ha un altro impegno, ma è stato un piacere averla accanto, la sua aria di ragazzina pulita ed ordinata, sempre sorridente e dai modi gentili e della stessa età di mia figlia alla quale mi ero già affezionato, domani dovrà lasciare il posto ad una sua collega.
Ciao Isabella, se vieni in Italia, spero di incontrarti di nuovo.

Sul bus Wang ci avvisa che l’indomani ci farà dormire di più, la destinazione è presso un lago, e dovremmo mangiare però in un MacDonald, e lo dice quasi dispiaciuto per farci mangiare in un fast food, ma noi (e lo leggo anche meglio occhi di Nicholas) siamo talmente contenti di tornare per un momento ai nostri vecchi sapori, seppur quelli standard e tossici di una catena mondiale di food, che a stento dimostriamo il nostro entusiasmo alla notizia.
Per il resto: più niente da dichiarare, se non che andiamo a letto un po’ più felici.

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